Campagne contro il caro-università e a difesa del diritto allo studio
La cosiddetta “università di massa”, frutto dello sviluppo economico, oggi vive una delle sue peggiori crisi. All’aumento della percentuale di popolazione che la frequenta, infatti, non si è accompagnata una politica di innalzamento della quantità e della qualità dei servizi, per garantire quello che prevede la Costituzione italiana all’art. 34: che anche ai meritevoli, seppure privi di mezzi, sia consentito raggiungere i gradi più alti dell’istruzione.
Il diritto allo studio è quindi sotto attacco: strabilianti costi investono le famiglie che devono sostenere i propri figli all’università e moltissimi di loro, ormai, sono costretti a lavorare e studiare contemporaneamente. Un problema che colpisce soprattutto gli studenti fuori sede, che devono cambiare città per frequentare il proprio corso di laurea. Tasse di iscrizione, acquisto dei libri e dei materiali didattici, trasporti, affitti, mense sono voci di spesa che, con l’arrivo della crisi economica, molti studenti non riescono a sostenere. Il sistema delle borse di studio non riesce a coprire tutti gli aventi diritto: molti, pur avendo i requisiti, non ricevono la borsa per mancanza di fondi.
In questa situazione si sono abbattuti ulteriori, drastici tagli contenuti nella finanziaria del 2008: riduzione dei finanziamenti diretti agli atenei, blocco delle assunzioni, trasformazione delle università in enti di diritto privato sono alcuni dei provvedimenti che hanno generato forti proteste in tutto il mondo accademico.
Una delle conseguenze di queste politiche, che rischiano di rendere gli studi universitari un lusso per pochi privilegiati, è stato quello di fare aumentare a dismisura la contribuzione studentesca attraverso il pagamento delle tasse. Il DPR 306/97 pone un limite alla percentuale del bilancio degli atenei che può essere coperta dai contributi degli studenti, fissato al 20%. In questi anni la percentuale del FFO (Fondo di Funzionamento Ordinario degli atenei) è salita dal 3% al 20%, cioè da 400 a 1200 miliardi!
In molti casi gli Atenei, per poter garantire la continuità didattica, hanno sforato il tetto del 20%, ponendosi in una posizione di illegalità che non è tollerabile. Non si può pensare, infatti, che a pagare per i tagli operati da questo Governo siano gli studenti e il loro diritto a proseguire gli studi.
A Torino, ad esempio, l’Unione degli Universitari, insieme all’Avvocato Michele Bonetti, ha dato vita a una class action per restituire il maltolto versato dagli studenti della Statale e del Politecnico. Pochi euro a testa, in caso di vittoria, ma un modo per ristabilire un principio irrinunciabile.