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Good news » Riunione per i nostri ricorrenti – martedi’ 3 gennaio ore 17.30 - l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato accoglie sui titoli esteri ed in particolare sui titoli conseguiti in Romania per l’insegnamento.
29 Dic

Riunione per i nostri ricorrenti – martedi’ 3 gennaio ore 17.30 - l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato accoglie sui titoli esteri ed in particolare sui titoli conseguiti in Romania per l’insegnamento.

  • Scritto da  Claudia Palladino
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Riunione per i nostri ricorrenti – martedi’ 3 gennaio ore 17.30 - l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato accoglie sui titoli esteri ed in particolare sui titoli conseguiti in Romania per l’insegnamento.

Con sentenza del 29 dicembre 2022 l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato si è pronunciata sulla validità dei titoli di abilitazione e specializzazione sul sostegno. In allegato rinverrete la cd Plenaria sui titoli acquisiti in Romania che segue quella pubblicata in data 28 dicembre sui titoli esteri riportati in Bulgaria.
Nella riunione che si terrà in data 3 gennaio 2023 ore 17.30 (tramite il seguente link:https://teams.microsoft.com/l/meetup-join/19%3ameeting_NzFjZGIxZTktNmUzZC00MmMwLWFlNDItOWQwMTQyYmQ4ZWMz%40thread.v2/0?context=%7b%22Tid%22%3a%225ac4bf41-23e5-495e-ad54-13ef0fdfeaf7%22%2c%22Oid%22%3a%22f6fa2031-cb99-416e-aa94-aa729162f886%22%7d) l’Avv. Michele Bonetti vi spiegherà gli effetti sul vostro contenzioso e comunque i prossimi scenari giuridici ipotizzabili.

Nella pronuncia del massimo organo della Giustizia Amministrativa si legge:
“Risulta, dunque, che in Romania:
- una laurea conseguita in Italia, e riconosciuta equivalente in Romania, sia un titolo che consente la frequenza dei percorsi di formazione degli insegnanti ed il conseguimento dei relativi titoli;
- a seguito di tale riconoscimento, del conseguimento del Nivel I e Nivel II e del rilascio del certificato Adeverinta, vi è la possibilità di insegnare.
Ciò risulta anche dagli “Adeverinta” (certificati) rilasciati dal Ministero rumeno al termine dei percorsi oggetto del presente contenzioso, nei quali si legge che «l’acquisizione di un minimo di 60 crediti dai moduli psicopedagogici nella specializzazione conseguita con il diploma di studi ed il diploma di laurea magistrale, riconosciuto con l’Attestato di riconoscimento degli studi registrato presso il Centro Nazionale per il Riconoscimento e l’Equipollenza degli Studi con. […] e rilasciato il […], conferisce alla […], il diritto all’insegnamento nel campo [….], nella scuola preuniversitaria di Romania».
11. Se, dunque, il titolo di cui si discute consente l’insegnamento in Romania, non vi è ragione per ritenerlo non riconoscibile in Italia ai sensi della Direttiva 2005/36/CE.
Rileva al riguardo l’articolo 13, comma 1, del d. lgs. n. 206 del 2007, attuativo della Direttiva 2005/36/CE (…)
Il competente Ministero italiano deve, dunque, valutare la corrispondenza del corso di studi effettuato, e dell’eventuale tirocinio, con quello italiano, e all’esito dell’istruttoria può disporre:
1) o il riconoscimento alle condizioni di cui all’art. 21 del d. lgs. 206 del 2007;
2) misure compensative (il tirocinio triennale o l’esame) di cui al successivo art. 22 del d.lgs. n. 206 del 2007.”.
Ed ancora si legge nella decisione:
“Infatti, come ha sottolineato la nota della Commissione europea del 29 marzo 2019(doc. 14 fasc. parte ricorrente in primo grado), non è necessaria l’identità tra i titoli confrontati, essendo sufficiente una mera equivalenza per far scaturire il dovere di riconoscere il titolo conseguito all’estero: il certificato va considerato non automaticamente, ma secondo il sistema generale di riconoscimento e confrontando le qualifiche professionali attestate da altri Stati membri con quelle richieste dalla normativa italiana e disponendo, se del caso, le misure compensative in applicazione dell’art. 14 della Direttiva 2005/36/CE.
Anche ai cittadini italiani o dell’Unione, che abbiano superato tutte queste fasi (e, in particolare, il tirocinio pratico) e l’esame nazionale, è comunque consentito insegnare in Romania.
15. In considerazione delle sopra richiamate note del Ministero rumeno, non risulta condivisibile l’osservazione della Sezione remittente, per la quale sarebbe «pacifico che l’appellato non abbia il diritto all’abilitazione in Romania e che non possa ivi accedere alla professione di insegnante, secondo la legge ivi vigente, perché non ha ottenuto la laurea in quel Paese».
Al contrario, la certificazione rilasciata dall’Autorità rumena all’appellato va qualificata come attestato di competenza, rilevante per l’ordinamento italiano così come è rilevante in quello rumeno.
D’altra parte, tale certificazione va qualificata come ‘titolo assimilato’ ai sensi dell’art. 12della Direttiva 2005/36/CE, per il quale «è assimilato a un titolo di formazione di cui all’articolo 11, anche per quanto riguarda il livello, ogni titolo di formazione o insieme di titoli di formazione rilasciato da un’autorità competente di uno Stato membro che sancisce il completamento consuccesso di una formazione acquisita nell’Unione, a tempo pieno o parziale, nell’ambito o al di fuori di programmi formali, che è riconosciuta da tale Stato membro come di livello equivalente, e che conferisce al titolare gli stessi diritti di accesso o di esercizio a una professione o prepara al relativo esercizio» ed «è altresì assimilata ad un titolo di formazione, alle stesse condizioni del primo comma, ogni qualifica professionale che, pur non rispondendo ai requisiti delle norme legislative, regolamentari o amministrative dello Stato membro d'origine per l'accesso a una professione o il suo esercizio, conferisce al suo titolare diritti acquisiti in virtù di tali disposizioni».
16. Come ha già rilevato la Sesta Sezione, la medesima attestazione è riconducibile alla attestazione di qualifica’ ai sensi dell’art. 13 della Direttiva 2005/36/Ce, perché rilasciata all’esito del percorso formativo previsto nel Paese d’origine per l’accesso alla professione, al quale l’appellato è stato ammesso a seguito del formale riconoscimento di equivalenza della laurea italiana a quella rumena da parte del CNRED”.
Il Ministero aveva negato il riconoscimento di tali titoli sostenendo, in particolare, che se gli aspiranti insegnanti italiani che hanno ottenuto tali abilitazioni all’estero non possono insegnare nel Paese che ha rilasciato questi certificati non possono pretendere di farlo, a maggior ragione, neanche in Italia.
L’ordinanza di rimessione aveva, in tal senso, valorizzato la posizione del Ministero dubitando che il sistema comunitario di mutuo riconoscimento dei titoli potesse spingersi a tal punto da consentire allo Stato ricevente di superare le mancanze che lo stesso Stato rilasciante avessero affermato negando la possibilità di insegnare nel proprio Paese.
L’Adunanza Plenaria, tuttavia, aderendo alla tesi da sempre sostenuta dallo studio Bonetti & Delia, ha chiarito che “la verifica dell’autorità del Paese ospitante ai fini del riconoscimento tende ad assumere i connotati dell’automatismo, coerenti con le esigenze di certezza del quadro regolatorio uniforme a livello nazionale e agli obiettivi di circolazione dei lavoratori e dei servizi perseguiti attraverso la direttiva. Nella medesima ottica di favore non può dunque ritenersi esclusa, ma anzi deve ritenersi necessaria, una verifica in concreto delle competenze professionali comunque acquisite nel Paese d’origine dal richiedente il riconoscimento e della loro idoneità all’accesso alla ‘professione regolamentata’ in quello di destinazione.
In altri termini, il riconoscimento tipizzato dalla direttiva 2005/36/CE, normativamente predeterminato nel senso di una presa atto del titolo professionale, dell’attestazione di competenza, o dell’esperienza professionale acquisita dall’interessato, si colloca comunque in un sistema che, in vista dell’obiettivo di attuazione delle libertà economiche fondamentali dei Trattati europei, si propone di «facilitare il riconoscimento reciproco dei diplomi, dei certificati ed altri titoli stabilendo regole e criteri comuni che comportino, nei limiti del possibile, il riconoscimento automatico di detti diplomi, certificati ed altri titoli», come enunciato dalla Corte di giustizia dell’Unione europea con specifico riguardo al regime di riconoscimento automatico, ma con valenza espansiva anche per il regime generale di riconoscimento, demandato ad una fase amministrativa di verifica dei percorsi di formazione e acquisizione delle necessarie competenze professionali seguiti dall’interessato in ciascun Paese dell’Unione. Nella prospettiva finora delineata, la mancanza dei documenti necessari ai sensi del più volte art. 13 della direttiva 2005/36/CE non può pertanto essere automaticamente considerata ostativa al riconoscimento della qualifica professionale acquisita in uno Stato membro dell’Unione europea, dovendosi verificare in concreto il livello di competenza professionale acquisito dall’interessato, valutandolo per accertare se corrisponda o sia comparabile con la qualificazione richiesta nello Stato di destinazione per l’accesso alla ‘professione regolamenta”.
Cosa succederà, quindi, a tutte le istanze sin’ora non esitate dal Ministero?
La risposta è già arrivata dal T.A.R. Lazio che, con decine di sentenze del 29 dicembre 2022, già il giorno successivo alla Plenaria, in accoglimento dei nostri ricorso ha condannato il Ministero a valutare i titoli ritenendo illegittimo il silenzio o comunque il diniego frapposto e condannandolo anche 1000 euro di spese per ogni candidato e commissariandolo in caso di ulteriore inerzia oltre i 30 giorni. L’Amministrazione, scrive il T.A.R. Lazio, “è tenuta ad accertare- con valutazione non sostituibile da parte di questo Giudice nel presente giudizio ex art. 117 c.p.a.- la validità del percorso formativo individuale della parte richiedente, come attestato dal titolo estero prodotto in sede procedimentale, per verificare se sussistono le condizioni per accogliere la relativa istanza di riconoscimento“.
L’Adunanza Plenaria, infine, ha pronunciato i seguenti principi di diritto:
“spetta al Ministero competente verificare se, e in quale misura, si debba ritenere che le conoscenze attestate dal diploma rilasciato da altro Stato o la qualifica attestata da questo, nonché l’esperienza ottenuta nello Stato membro in cui il candidato chiede di essere iscritto, soddisfino, anche parzialmente, le condizioni per accedere all’insegnamento in Italia, salva l’adozione di opportune e proporzionate misure compensative ai sensi dell’art. 14 della Direttiva 2005/36/CE”.
Per info sulla validità del tuo titolo estero scrivi a Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo.

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