Appena approvato un nuovo sistema di formazione e reclutamento dei docenti, ma poi chissà. Perché non esiste un altro sistema, in Italia, che sia stato cambiato così tante volte in così pochi anni, senza avere nemmeno il tempo di valutare gli impatti delle politiche precedenti.
I docenti italiani sono sempre sotto accusa per non essere sottoposti a un sistema di formazione iniziale sistematico, in grado di combinare il sapere al “sapere insegnare” e alla pratica sul campo.
Si è spesso parlato di loro come di una categoria in cui il merito non viene premiato, perché l’unica carriera prevista è basata sull’anzianità. E non è che sia chissà quale carriera: gli stipendi sono bassi, troppo bassi per attirare i migliori laureati.
Negli ultimi anni, poi, la chiusura delle graduatorie ad esaurimento, combinata all’assenza di nuovi concorsi e addirittura al taglio di molti posti a tempo determinato, sta causando il più grande licenziamento della storia nel pubblico impiego.
Per tutte queste ragioni oggi a chi vuole diventare insegnante si prospetta un vero e proprio percorso a ostacoli, senza certezze per il futuro.
Ecco alcune dei più recenti modelli di formazione e reclutamento:
Prima del 2000, per molti anni, non c’era un percorso sistematico per diventare docente: occorreva la laurea di 4 anni per poter accedere agli incarichi a tempo determinato. Di solito, si cominciava dalle supplenze e poi si proseguiva con i primi incarichi annuali. La formazione avveniva, quindi, principalmente sul campo. Attraverso concorsi periodici, si otteneva l’abilitazione, a volte preceduta da un corso abilitante. In seguito all’immissione in ruolo (a tempo indeterminato) c’era un anno di straordinariato in cui i nuovi docenti si rapportavano al proprio istituto e al provveditorato.
Nel 2000 hanno preso l’avvio le SSIS (Scuole Specializzazione Insegnamento Secondario), a cui si accedeva dopo la laurea quadriennale e il superamento di un test d’ingresso. Il numero dei posti, comunque limitato, non era stabilito sulla base del fabbisogno delle scuole. La SSIS durava due anni e si concludeva con un esame abilitante, a cui faceva seguito il sospirato concorso (almeno in teoria, perché nella pratica è dal 1999 che non si tengono concorsi per l’immissione in ruolo!) e l’anno di straordinariato.
Il nuovo sistema, approvato recentemente dal Parlamento, prevede la cancellazione delle SSIS e l’introduzione di percorsi differenziati per le scuole secondarie inferiori e superiori. Per la secondaria di primo grado, dopo la laurea triennale, è stato introdotto un test d’ingresso a numero programmato per accedere alla laurea specialistica (due anni). In seguito, occorre un tirocinio e l’esame abilitante per poter entrare in ruolo. Sul punto la legge non è chiara, ma è prevedibile che dopo l’esame ci vorrà comunque un concorso pubblico per l’attribuzione delle cattedre!
Per la secondaria superiore, invece, dopo la laurea triennale e quella specialistica, si accede a un tirocinio formativo dopo test d’ingresso a numero programmato, a cui segue l’esame abilitante. Per l’ingresso in ruolo, anche in questo caso è prevedibile che ci vorrà un concorso.
Secondo molti osservatori, tutti questi cambiamenti non hanno risolto i nodi principali della formazione e del reclutamento: promozione del merito, incentivo per i migliori laureati a proseguire nella carriera docente, possibilità effettiva di entrare in ruolo (soprattutto data la presenza dei tagli e l’assenza di nuovi concorsi). Staremo a vedere gli effetti dell’ultima riforma, sempre che non ne arrivi un’altra dietro l’angolo.